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Stupro di gruppo a Palermo, le mamme dei giovani condannati: “Hanno sbagliato ma non sono mostri”

(Adnkronos) –
Disapprovano il comportamento dei loro figli ma sono certe che quella notte non ci sia stato uno stupro: "Hanno sbagliato perché non si fa sesso in gruppo, in strada, come i cani. Ma non è stato stupro. Non sono dei mostri". A parlare ad alcuni siti per raccontare la loro verità sono le mamme di tre dei sette ragazzi condannati per lo stupro di gruppo di una ragazza di diciannove anni avvenuto l'estate scorsa in un cantiere abbandonato del Foro Italico di Palermo. "I nostri figli hanno sbagliato perché non si va in sette con una donna", dicono Loredana Mamone, Ornella Valenti e Francesca Mortillaro, rispettivamente mamme di Gabriele di Trapani, Angelo Flores e Christian Maronia, ma "non sono dei mostri". Parlano degli insulti ricevuti per strada e soprattutto sui social – "mi definivano cagna e prostituta" racconta la mamma di Angelo Flores -, sono preoccupate per i loro figli – "sono spenti da quando sono lì dentro (in carcere ndr)" – e, come sottolineano i loro avvocati, evidenziano come "nonostante la richiesta fatta per avviare percorsi per uomini maltrattanti, dato il linguaggio disgustoso che hanno usato riferendosi alla ragazza, nessuna associazione ha accettato di seguirli".   "Per l'educazione che ho dato a Gabriele non si doveva unire a questo gruppo, non si doveva lasciare coinvolgere, ha sbagliato – afferma Loredana Mamone – Non ci doveva andare, anche se lei era d'accordo: non si fa sesso così, in gruppo, in mezzo alla strada come i cani". Racconta che quando i carabinieri hanno suonato a casa dicendole che suo figlio aveva commesso uno stupro lo ha odiato, "ma poi, col passare dei giorni, man mano che venivano fuori i contorni di questa vicenda, ho capito che non ha stuprato nessuno". La mamma di Christian parla di un ragazzo "solare, socievole, che lavorava con mio marito nella vendita di frutta e verdura e che aveva fatto anche un corso per saldatore". Christian ha anche una fidanzata, sempre la stessa, che, sottolinea la signora Mortillaro, "non ha mai dubitato di lui, io sì ma lei no…".  Maronia durante il processo ha anche scritto una lettera per chiedere scusa "a tutte le donne che amo". "Quando mi hanno detto che si trattava di una violenza sessuale mi si è gelato il cuore – racconta la mamma – Ho guardato mio figlio e lui mi ha detto 'Ti giuro che non è stato così, non è stato uno stupro'. Mi ha spiegato che la ragazza era consenziente, dicendomi che neanche la conosceva".  Durissime le parole del padre di Christian al momento dell'arresto: "Se le cose stanno come racconta questa ragazza dimenticati la mia faccia". Difficile anche trovare un avvocato: "Tra insulti e accuse ho iniziato a cercare un avvocato per mio figlio e 4 o 5 si sono rifiutati di difenderlo" ma "Christian lo ha detto: 'Ho sbagliato, non dovevo andarci, mi sento una merda, non so come mi sono andato a mettere in questo guaio… Non mi hai cresciuto così, non sono questo'".  Angelo Flores era l'unico a conoscere la ragazza e con lei aveva già avuto rapporti consenzienti. E' anche l'unico che non ha partecipato alla violenza ma l'ha solo filmata col telefonino per poi condividere il video con altri amici. "Mio figlio ha detto subito ai carabinieri del video – spiega la madre, Ornella Valenti – è stato lui a sbloccare il telefonino e a consegnarlo. C’è un altro video in cui ha dei rapporti sessuali con la ragazza, mi ha detto che era sempre lei a chiedere di filmare”. Angelo aveva parlato alla madre di quella ragazza: "Mi disse che aveva conosciuto una ragazza, che il suo fidanzato la maltrattava, ma che non si voleva affezionare. Si frequentavano, tanto che avevano avuto anche rapporti consenzienti".  Al momento dell'arresto, ricorda la signora Valenti, "Angelo mi ha detto: 'Mamma ti giuro che non ho fatto nulla, solo un video e me lo ha chiesto lei, lo chiedeva sempre. Non capisco perché fa la denuncia ora visto che è successo a luglio'". "Doveva tenere per sé il video, scambiarsi queste cose per vantarsi con gli amici no – aggiunge – Mio figlio deve pagare se ha sbagliato e io ho fiducia nella giustizia". Ma deve pagare "per ciò che ha realmente fatto".  "Hanno pubblicato la mia foto e quella degli altri miei figli, mi definivano cagna e prostituta, ma che c’entrava tutto questo odio. Ora per fortuna il clima è cambiato, la gente ha capito – continua – Non riusciamo ad andare ai colloqui con Angelo per problemi economici, mio figlio più piccolo peraltro non sa che lui è in carcere, non sa nulla di tutta questa storia. Gli abbiamo detto che Angelo lavora fuori e quando siamo andati a trovarlo lui mi ha chiesto: 'Ma perché Angelo lavora in un posto così brutto?'".  —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)