(Adnkronos) – "Il cambio di paradigma, che è quello della One Health, ha cambiato profondamente il modo di vedere la salute. Se la psiche non può essere ridotta alla somma delle attività dei neuroni del nostro sistema nervoso centrale, è anche vero che è la plasticità e l'organizzazione di quelle reti che fanno sì e che si formino le basi biologiche della vulnerabilità e della resilienza di ciascuno di noi, in particolare nei primi anni di vita. E' quindi lì che dobbiamo andare con i diversi approcci che sono tipici della neurologia, della psichiatria o della psicologia clinica". Queste le parole di Gemma Calamandrei, direttrice del Centro di riferimento per le scienze comportamentali e la salute mentale dell’Iss, Istituto superiore di sanità, partecipando all'evento organizzato oggi a Roma da Lundbeck per i 30 anni presenza in Italia. "Oggi la parola chiave è plasticità. Gli ultimi anni ci hanno insegnato che non esiste una separazione nell'approccio alla salute tra determinanti ambientali e determinanti genetici – aggiunge – L’epigenetica ci dice infatti che le determinanti sociali, come la povertà, la povertà scolare, le condizioni di svantaggio, la mancanza di rapporti sociali e la solitudine, diventano biologicamente rilevanti per il nostro sistema nervoso centrale e dunque per il nostro cervello. Pertanto, abbiamo bisogno di avere dei modelli per comprendere queste determinanti sociali, che sono dentro la storia dei nostri neuroni e delle nostre reti e che determinano la nostra capacità di rispondere alle avversità". Oggi "ci sono metodiche, come l’intelligenza artificiale – sottolinea Calamandrei – che possono aiutare a ricorrere a database importanti che ci permettono di capire quanto questa conoscenza accumulata possa essere messa a disposizione della ricerca di base e della ricerca epidemiologica e clinica. Un altro aspetto importante della ricerca clinica, in particolare nella salute mentale, è quello dei trattamenti innovativi. Venti anni fa usciva su Nature un articolo che mostrava come, dopo la somministrazione di un ansiolitico, e durante una seduta di psicoterapia, si attivassero le stesse aree del cervello. La parola, l’empatia, il dialogo, assieme ad altre terapie possono cambiare lo stato di una rete neurale. Dobbiamo lavorare sui trattamenti integrati – conclude – aumentando anche i trattamenti psicosociali". —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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